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Qualche giorno fa Alberta Soranzo, su Facebook, ha condiviso un articolo che parla di semplicità come fondamento della user experience. L'articolo cita il concetto di fluenza cognitiva, e linka ad un articolo di uxmatters: How Cognitive Fluency Affects Decision Making.

Quest'ultimo articolo è un'ottima introduzione non solo al concetto di fluenza cognitiva, ma anche alle implicazioni che questo ha nell'ambito della user experience.

Ma - si chiederebbe ora Alberto Angela - che cos'è la fluenza cognitiva?

La fluenza cognitiva

Secondo Oppenheimer (2008) la fluenza è una valutazione metacognitiva della difficoltà di un processo cognitivo. Detto in altri termini, quando facciamo qualcosa che implica un'attività cognitiva, inconsapevolmente valutiamo quanto difficile sia quella attività. La fluenza è la valutazione soggettiva di quella difficoltà.

Il costrutto di fluenza cognitiva è interessante per almeno tre motivi:

  1. costituisce un indicatore della difficoltà (percepita) di un compito. Per chi si occupa di UX, costituisce la controparte cognitiva dell'usabilità percepita.
  2. La fluenza (ovvero la valutazione soggettiva) influenza la valutazione di aspetti o dimensioni logicamente non legati al processo stesso.
  3. In base alla valutazione di fluenza, si innescano processi cognitivi differenti. Tendenzialmente, un alto livello di fluenza innesca processi cognitivi automatici ed euristici (il sistema 1 di Kahneman), mentre un basso livello di fluenza porta ad innescare i processi che nel modello di Kahneman (2003) compongono il sistema 2.

La difficoltà percepita

Come dicevo nel paragrafo precedente, la fluenza è una valutazione metacognitiva: la persona stima la difficoltà cognitiva di un compito. Sottolineo percepita in quanto la fluenza, e i suoi effetti, possono essere manipolati sperimentalmente con metodi ingegnosi che influiscono sulla difficoltà percepita ma non sulla difficoltà reale. Ad esempio, lo sperimentatore può chiedere ai partecipanti di contrarre le sopracciglia mentre portano a termine un compito. Poiché tendiamo a contrarre le sopracciglia quando facciamo un compito cognitivamente difficile, la consegna sperimentale porta i partecipanti ad interpretare come difficili anche dei compiti facili.

Generalmente, però, la fluenza è legata alla difficoltà reale di un compito.

Le facce della fluenza

Si parlava della difficoltà dei compiti cognitivi. Ma nel parlare di compiti cognitivi, a cosa ci riferiamo? Secondo Alter e Oppenheimer (2009) la fluenza è stata studiata nei seguenti ambiti:

  • priming di un concetto
  • fluenza linguistica:
    • fonologica
    • lessicale
    • sintattica
    • ortografica
  • conflitto decisionale
  • fluenza percettiva:
    • fisica
    • temporale (es. tempi di esposizione)
  • fluenza dei processi di ragionamento:
    • deduzione
    • ragionamento spaziale
  • fluenza immaginativa
  • fluenza mnestica:
    • fluenza nel recupero mnestico
    • fluenza nella codifica mnestica
  • embodied cognition:
    • feedback facciali
    • feedback corporei

Ad esempio, la fluenza fonologica si basa sulla facilità di pronunciare delle parole (o delle non parole); la fluenza percettiva sulla facilità / difficoltà a percepire uno stimolo (ad esempio, una immagine nitida o sfumata), e così via.

Come si diceva, la fluenza percepita può essere manipolata da fattori esterni al compito; ciononostante, tende ad essere una stima verosimile della difficoltà reale.

Gli effetti della fluenza

La fluenza cognitiva è stata studiata soprattutto in merito al fatto che la fluenza influenza il giudizio di attributi che non hanno nulla a che vedere con il processo cognitivo stimato. Ancora Alter e Oppenheimer (2009) elencano una serie di giudizi che vengono influenzati dalla fluenza:

  • giudizio di verità di una affermazione
  • giudizio estetico (o di piacevolezza)
  • valutazione della sicurezza delle proprie convinzioni ("quanto sei sicuro della tua risposta?")
  • stima della familiarità di uno stimolo, o della sua frequenza
  • valutazione dell'intelligenza della persona che ha detto o scritto il contenuto di un testo.

Ad esempio, nel giudizio di verità su di una affermazione, al partecipante viene chiesto se una frase (es. "Lima è in Peru") è vera o falsa. Gli esperimenti dimostrano che se lo stimolo ha un buon livello di fluenza (ad esempio, se la frase è scritta in un font ben leggibile) è più probabile che il contenuto sia considerato vero, rispetto ad uno stimolo con un basso livello di fluenza (ad esempio, se è scritto con un font poco leggibile, o se la scritta è sfuocata, o se il contrasto fra il colore del testo e dello sfondo è basso).

Fluenza, fast & slow

Dicevamo: la fluenza è una valutazione metacognitiva: la persona valuta la difficoltà di un processo cognitivo. Ma pare che la fluenza influenzi anche delle scelte metacognitive. Dai risultati di alcuni esperimenti emerge infatti che se un compito viene percepito come disfluente, è più probabile che il partecipante adotti dei processi di pensiero che afferiscono a quello che Kahneman (2003) definisce il Sistema 2, mentre se viene presentato con un buon livello di fluenza è più facile che adotti un processo del Sistema 1.

I processi del Sistema 1 sono veloci, automatici, associativi; funzionano in parallelo, sono più soggetti agli effetti e alle interferenze delle emozioni e costituiscono la base dell'intuizione.

Quelli del Sistema 2 sono i processi di ragionamento veri e propri; sono più lenti, perché si basano sul processamento seriale delle informazioni, implicano l'applicazione di regole ed il loro controllo coscente; sono cognitivamente più faticosi, sebbene più flessibili, e sono meno soggetti agli effetti delle emozioni.

La scelta del processo cognitivo dovrebbe basarsi sulla natura del compito, ma la forma in cui il compito è presentato (ad esempio il font in cui è scritto il problema) influenza la selta.

Fluenza e UX

Proviamo ora a definire le implicazioni che il concetto di fluenza ha sulla user experience.

Accessibilità e fluenza

Alcune delle forme di fluenza elencate hanno una diretta corrispondenza con l'usabilità e l'accessibilità. Rispettare le regole base dell'accessibilità, ad esempio, aumenta la fluenza percettiva. Utilizzare un linguaggio semplice (in termini di lessico e sintassi) e naturalmente ortograficamente corretto aumenta la fluenza linguistica.

Usabilità percepita e fluenza

La fluenza è una valutazione della facilità percepita di un compito, e pertanto corrisponde alla facilità d'uso - componente essenziale dell'usabilità.

Usabilità ed estetica

Che rapporto c'è fra usabilità ed estetica? Un filone di ricerca, negli ultimi 20 anni, ha indagato questa relazione. Se le prime ricerche (Kurosu & Kashimura, 1995) lasciavano intendere che ciò che è bello è più usabile, lavori più recenti (Tuch et al, 2012) lasciano intendere che questa relazione sia più complessa, e a volte sia la mancata usabilità che porta a valutare negativamente anche la componente estetica.

La mia ipotesi è che:

  • usabilità ed estetica siano due costrutti relativamente indipendenti
  • che il fattore comune dei due costrutti sia proprio la fluenza: un'interfaccia fluente è non solo più usabile ma - a parità di altre condizioni - viene valutata come esteticamente più piacevole di un'interfaccia disfluente.

Ux, Sistemi 1 e 2

"... se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido."

Per il pesce, nuotare è una funzione da Sistema 1: riesce a farlo in modo naturale. Uno dei princìpi fondamentali dell'interazione uomo macchina dovrebbe essere quella di permettere agli utenti, per quanto possibile, di sfruttare al massimo le capacità del Sistema 1. Creare delle interfacce il più possibile fluenti induce gli utenti ad utilizzare il Sistema 1. Nelle circostanze in cui è opportuno che gli utenti usino dei processi cognitivi di ragionamento esplicito, l'uso di soluzioni disfluenti by design può essere una soluzione elegante ed efficace.

Testi citati

Alter, A. L., & Oppenheimer, D. M. (2009). Uniting the tribes of fluency to form a metacognitive nation. Personality and social psychology review.

Kahneman, D. (2003). Maps of bounded rationality: Psychology for behavioral economics. American economic review, 1449-1475.

Kurosu, M., & Kashimura, K. (1995). Apparent usability vs. inherent usability: experimental analysis on the determinants of the apparent usability. In Conference companion on Human factors in computing systems (pp. 292-293). ACM.

Oppenheimer, D. M. (2008). The secret life of fluency. Trends in cognitive sciences, 12(6), 237-241.

Tuch, A. N., Roth, S. P., Hornbæk, K., Opwis, K., & Bargas-Avila, J. A. (2012). Is beautiful really usable? Toward understanding the relation between usability, aesthetics, and affect in HCI. Computers in Human Behavior, 28(5), 1596-1607.

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