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Silvia Gilotta è psicologa del Lavoro, Ph.D. in Psicologia applicata ed Ergonomia. Ergonomo Europeo Certificato Eur.Erg.
Con Adequat, di cui è fondatrice, supporta le aziende nel realizzare sistemi di lavoro adeguati alle persone.
E' Presidente delle sezione Piemonte e Valle d'Aosta della Società Italiana di Ergonomia e Fattori Umani: SIE.
Fa parte del team che dal 2014 organizza il WUD Torino

Con Silvia abbiamo parlato di Ergonomia cognitiva, di progettazione di processi ed interfacce non digitali nel contesto industriale.

Appunti

Alcuni appunti che ho raccolto durante la diretta, e che possono aiutare a seguire il podcast.

L'ergonomia

L'ergonomia studia le interazioni fra gli esseri umani e gli altri elementi del sistema - di vita, di lavoro, sanitario e così via. Si cerca di fare in modo di predisporre interazioni in equilibrio tra ciò che può mettere in campo l'essere umano e ciò che può fare la tecnologia: strumenti, artefatti. Ciò che è stato fatto ad arte. Il bicchiere, la tazza, il tavolo, il linguaggio, le tecnologie, gli strumenti di lavoro, di comunicazione e informazione.
Che la tecnologia serva e sia funzionale all'obiettivo, al contesto, facendo attenzione a ciò che caratterizza l'essere umano. L'ergonomo deve sapere com'è l'essere umano e la tecnologia.
Ciò che non è visibile, lo spazio di interfaccia per creare equilibrio, senza danneggiare ma aiutare.
Ergonomia: l'etimo porta con se ergon nomos, la legge del lavoro, che però non racconta di cosa si occupa l'ergonomia, che si occupa di equilibrio fra essere umano e gli altri elementi.

Ergonomia cognitiva

Cognitiva perché siamo nella prospettiva in cui osserviamo l'interazione dal punto di vista cognitivo, elaborazione delle informazione, risorse, attenzione, processi.
È più facile intuire gli aspetti fisici (la seduta, la tastiera, la parte muscolo scheletrico in relazione all'oggetto, come mi siedo, se sto seduta correttamente). C'è una interazione fisica e quella cognitiva, l'interfaccia digitale è tendenzialmente un artefatto cognitivo, ci aiuta a svoglere le nostre funzioni cognitive. L'esempio è l'elenco telefonico, un evidente aiuto cognitivo. Anche il cartaceo, il post-it ci aiuta a ricordare.
Come l'essere umano elabora le informazioni, human information processing, come prendiamo decisioni.

L'ergonomia organizzativa si occupa di processi a livello sistemico: se da una parte abbiamo una persona con un artefatto a supporto dell'attività in funzione di un obiettivo, in un processo abbiamo più unità in un processo (di lavoro, di comunicazione). [È una prospettiva] più ampia, più intricata.

Il task è una parte di una attività di un singolo. In un processo ci possono esserci più agenti (attività diversificate).

Progettare i processi

Gli ergonomi possono intervenire su task, compiti, mansioni. In generale si cerca di capire quale attività, soprattuto in contesti in alto rischio o ad alta tecnologia, cosa deve fare la macchina e cosa l'uomo. Allocation of functions. MI appassiona perché c'è una visione più ampia. Parto dalla base, dall'unità (HCI); ho iniziato con la valutazione di usabilità dei siti. Da li ho deciso di risalire, cercando di andare in progettazione: c'è più spazio di manovra, creatività, costi più bassi. Vedo la progettazione centrata sulle persone, doppio diamante, è un processo di miglioramento continuo. Mi appassiona perché sono tanti touch point, e l'output più grande, ciò che realizza un gruppo è diverso da ciò che produce il singolo. Ma è un continuum con l'ergonomia delle interfacce.

I processi si progettano con lo hcd. analisi dell'attuale, cercando di comprendere le interazione, i colli di bottiglia, i problemi da un punto di vista cognitivo, dove fanno errori e perché, ma anche fisico, di movimenti che devo fare, varie kpi. Anche aspetti operativi, organizzativi: dove finisce il tuo compito, inizia l'altro; passaggi di informazione, di prodotto, di processo, informazioni perse, responsabilità. Questo è il processo, non sempre sequenziale, è una sfida difficile e interessante. Gli strumenti sono quelli delle scienze sociali: l'osservazione non partecipante di solito (anche se a volte facciamo noi stessi), la vita sociale, riunioni, attività informali, training. Una parte di etnografia, le interviste, focus group, questionari. Mi piace fare carotaggi, andare in profondità, paradigma dell'interpretativismo, il frame che sancisce il nostro obiettivo come ricercatori: comprendere ciò che accade, qui ed ora. Sono processi conoscitivi induttivi, dal basso. È l'approccio che parte dal contesto specifico, la cultura, cosa fare qui dentro, anche se la conoscenza che si estrapola può essere generalizzata attraverso l'identificazione di archetipi. Dei pattern, dei modelli di comportamento, operativi, di procedure generalizzabili. Una cosa interessante dell'ergonomia è che i dati interessanti sono spesso le code della gaussiana. I questionari mi piacciono se possiamo fare analisi inferenziali; altrimenti la media è meno significativa, in quanto vogliamo progettare soprattutto per le "code". Ad esempio i molto esperti e i poco esperti, le persone molto alte o molto basse. Siamo alla ricerca di questi dati, la coda della popolazione. La persona che ci racconta quell'evento specifico che ha portato conseguenze interessanti. Questo serve per la comprensione, riesci ad identificare le criticità ed avviare il processo di miglioramento, a livello di tecnologia e di compito.

Lavorare insieme alle persone sul loro compito, portando le istanze ai decisori.
L'ergonomia è uno strumento per prendere decisioni, capire la situazione e dire dove andare, dove le persone sono l'asset principale. Se realizzo un sistema adeguato per le persone il sistema ne trarrà beneficio. Spesso le decisioni vengono prese top-down, anche quando si parla di processo produttivo. Ma spesso le istanze delle persone che lavorano [sono fondamentali].

L'ergonomo deve diventare esperto del dominio, imparare il linguaggio, comprendere quello che accade, per risolvere i problemi, anche produttivi.
Efficienza, adeguatezza, lavoriamo molto sull'aspetto dell'output del processo. È importante perché è l'operatore a conoscere il lavoro, le difficoltà, gli strumenti. Chi prende decisioni non sempre ha la visibilità, è importante che questi due mondi si conoscano.

Cambiamento e accettabilità

È importante per la riuscita del processo, e anche per le persone. chiediamo feedback; questo aumenta anche l'accettabilità dei cambiamenti: le persone si sentono al centro, attori di un processo, si sentono ascoltati da professionisti esperti. Si sentono rappresentati, sanno che la loro realtà è rappresentabile e rappresentata ai decisori. Un ruolo sociale dell'ergonomia. Il cambiamento è percepito come necessario, più motivazione e meno ostilità. L'accettabilità è una metrica importante, spesso le innovazioni e gli artefatti vengono introdotti e poi abbandonati, perché sono top down, rappresentano l'autorità e non il bisogno.
c'è la componente che l'essere umano ha bisogno di impossessarsi e trasformare il proprio lavoro. diventa impossibile in un contesto standardizzato, in cui nulla è trasformabile e declinabile, ci sono metriche del lavoro molto specifiche. Il tempometodista definisce le attività che un operatore deve fare, in maniera lineare, standard, prevedibile. Cosa deve fare, con quali strumenti, in quali tempi. Lì c'è poco da modificare, fortunatamente la cultura dell'ergonomia aiuta a progettare le operazioni fisiche e non solo.

Se l'attività è troppo onerosa in termini di risorse fisiche o mentali va aiutato da altre persone o dalle macchine.

L'ambito industriale

il mio lavoro mi diverte, per il nostro lavoro le persone sono gli operatori all'interno di un contesto, con una mansione, task, tempi, contesto fisico, una tecnologia che non scelgono loro. È differente non l'interazione cognitiva, ma i fattori temporali, il fatto che non ho scelto lo strumento, i vincoli di procedure e processi, i vincoli sociali (colleghi, referenti) diversi rispetto al mercato consumer.

ci sono degli elementi molto più forti, minor libertà di scelta, non posso delegare né rimandare.
Gli user sono operatoru all'interno di un contesto, con vincoli anche extra organizzativi.

La pandemia ha innescato dei cambiamenti importanti, anche se l'essere umano è lo stesso. Ci sono aspettative legate al compito, anche legate alla sopravvivenza (portare lo stipendio a casa). La progettazione può essere molto simile, ma con vincoli diversi.

In questa fase sto lavorando tanto nelle interfacce digitali. Il primo progetto di quest'anno era non digitale dedicato ai consumer, una caraffa domestica. In ambito organizzativo ci sono artefatti digitali e non, e sono felice di saltare dall'uno all'altro.

Gli artefatti non digitali è dove non c'è uno schermo. Possono avere dei meccanismi anche di IA, ma senza uno schermo. Le fabbriche si stanno digitalizzando molto.

Industria 4.0

4.0 non è robot e intelligenza artificiale, ma paradigma che usa i dati prodotti dalle macchine per produrre conoscenza in termini di efficacia e andamento produttivo. Prevedibilità dell'andamento e delle azioni da mettere in atto, manutezione predittiva e così via. Il dato è centrale. Machine learning, big data derivanti dal backlog delle macchine. La data science identifica dei pattern di comportamento del sistema produttivo, in base a cui si prendono delle decisioni, anche automatiche. L'uso che si fa dei dati per produrre conoscenza.

Ci sono significati che vanno al di la dell'interazione ma che hanno un impatto nel processo.

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radioux (6) |

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