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Se nella progettazione e nello sviluppo di un prodotto o servizio non abbiamo presente il contesto di utilizzo e il suo ciclo di vita possiamo creare cose straordinarie che però non possono funzionare perché non sono connesse con l'ambiente in cui andranno ad esistere. Ad esempio, se il sistema che gestisce le richieste in back end non ha gli agganci per fornire le visibilità il tuo prodotto è inutile.

Noi tendiamo a prendere la realtà come qualcosa di scontato: vai al supermercato e usi il carrello, il frigo, la cassa. Noi percepiamo questi oggetti come oggetti, la cassa è una cosa. Ma se ci fermiamo ad osservare e scomporre l'oggetto nelle parti non ci si può non rendere conto di due verità fondamentali: la prima è che dietro ogni oggetto e ogni parte c'è una persona che ha disegnato quella cosa, e questo mi sconvolge. La presa per la corrente davanti a me, l'adattatore è un oggetto, su amazon lo compero. Sono pezzi di plastica che si incastrano, il metallo, i circuiti e così via. Ma non solo qualcuno ha pensato a tutte queste parti, ma anche come vanno insieme. Altrimenti la funzionalità non esisterebbe, se scomponessi i pezzettini non fanno l'oggetto.

Quando penso a questa cosa mi torna in mente una lezione di Russell Ackoff in cui parla delle automobili. Immagina di avere una fabbrica di auto e decidi di creare la migliore auto del mondo. Un approccio è dire agli ingegneri di trovare il miglior motore, le migliori ruote, da Volvo, da Pirelli, da Porsche. Hai le parti migliori in assoluto, le metti insieme, e non ottieni la macchina migliore del mondo perché queste parti non funzionano insieme. They don't fit. Devono funzionare insieme, è necessario creare degli elementi che si incastrano, perché non hai l'esperienza degli elementi ma dell'insieme.

È necessario tener conto della connessione delle parti per formare l'oggetto, e la connessione degli oggetti nell'ambiente. Il registratore di cassa nel deserto non serve a nulla, non è connesso alla corrente, non c'è il negozio, non ci sono i clienti. fuori dal contesto non ha valore.

Disegnare per l'esistenza nell'ecosistema, come parte di un processo solo in parte prevedibile, perché tu puoi fare mappe di percorso e così via, ma la gente fa quello che vuole. Progettare la flessibilità nel flusso, l'imprevedibile non puoi prevederlo, devi creare dei meccanismi di flessibilità. È una ambiguità di fondo che mi attira molto, cerco di prevedere, sapendo di non poterlo mai fare.

Adottare un approccio evolutivo: parti da una ipotesi che è basata su un processo di ricerca, studi per capire quali siano i bisogni, desideri e comportamenti medi, e provi. Ed è sempre un processo iterativo, è più facile nel negozietto che nella realtà complessa.

Sono cresciuta a 5 minuti dal museo della scienza della tecnica, ci andavo spesso da bambina. Avevano questi diorami, degli armadi con un vetro davanti, i bambini schiacciano i bottoni, ad esempio il ciclo dell'acqua. Ti facevano vedere dalla neve che si scioglie, il bacino, la gravità, si illuminava il percorso fino al rubinetto. Di fatto erano dei modelli di sistema.

In quello che facciamo l'aspetto evolutivo diventa sempre più importante. Se decenni fa la velocità con cui le circostanze, la tecnologia, le abitudini cambiavano era gestibile, oggi le cose cambiano ad una velocità altissima, l'abilità di essere flessibili per ri-orchestrare diventa più importante. Come creiamo queste realtà, quali cambiamenti come industria? Se pensiamo al web fino al 2000, erano una serie di pagine statiche. Adesso frammentiamo o modularizziamo quello che stiamo creando per riorganizzarlo

Io adoro i limiti, perché creano dei parametri e stimolano la creatività. Con un pezzo di pongo crei quello che ti pare, senza pensarci. Se tu hai un pezzo di pongo ma puoi lavorare solo sul vassoietto metti in moto dei meccanismi diversi di flessibilità, adattabilità da mettere in gioco.

Quando penso al lavoro i limiti più delicati sono di relazione fra gli esseri umani. C'è differenza fra la complicazione e la complessità. Una cosa è complicata se è lineare; la scomponi in una serie di passaggi che risolvi. Sono questioni complicate che puoi risolvere in maniera lineare. Le relazioni fra le persone fanno entrare in gioco la complessità. il problema vero in molti progetti è legato al senso di proprietà che certe persone hanno su determinati concetti, basi di dati e così via. Quando lavoro presto molta più attenzione a quello che la proposta rappresenta per le persone coinvolte.

In questo momento posso fare degli esperimenti in base ai valori in cui credo. Creare trasparenza assoluta su tutto credo sia disarmante. Soprattutto in situazioni molto politiche, aziende complesse con relazioni sviluppate nel corso del tempo c'è la tendenza a fare gruppo, a creare alleanze, patti dietro alle spalle, il doc pubblico e 700 riunioni con accordi informali che dirigono e determinano. Preferisco creare trasparenza assoluta, lavorare all'aperto. Se non ci sono motivi importanti, non c'è nulla di segreto sul cosa e sul come lo facciamo. Un'altra cosa che a me costa molto ma è importante è creare le occasioni per allineare il lavoro. Ho introdotto sessioni di allineamento in cui non si decide nulla, ma si crea visibilità attraverso le funzioni. In una azienda come la nostra le funzioni tendono ad essere isolate. Spesso non c'è interesse a far circolare l'informazione negli strati successivi, e gli incentivi alla collaborazione sono nascenti. Stiamo facendo passi avanti fondamentali. Creando questi momenti che sono formalizzati, di governance. Non si prendono decisioni ma tutti devono fare vedere quello che fanno. Creano dei momenti in cui ti si accendono delle lampadine e ti accorgi che se si uniscono le forze si risparmia e si fa prima. Piano piano vedo che pur non avendo un successo immediato e universale stanno aiutando parecchio.

Il collegamento fra persone che lavorano insieme, la frequenza di collegamento e scambio è direttamente proporzionale alla produttività del gruppo. Alex Pentland ha studiato la relazione fra gli schemi di connessione e la produttività dei gruppi. Un suo collaboratore ha aperto una azienda e ha sviluppato una tecnologia che misura le relazioni sociometriche, registra i movimenti delle persone (la frequenza delle conversazioni, delle interazioni, l'intensità della conversazione) e le conversazioni elettroniche, e sulla base di queste registrazioni creano dei grafi che analizzano in relazione ai risultati della squadra. Maggiori le connessioni, maggiori la produttività e l'efficacia.

Una volta visto il sistema, non puoi smettere di vederlo. lo stesso avviene per la condivisione della proprietà. l'unione fa la forza, se lo vedi non puoi non accettarla. Può avere effetti duraturi solo se si considera il sistema socio tecnico in cui i momenti di condivisione e co creazione avvengono.

L'idea della ricompensa: se pensi a chi lavora in finanza, vieni ricompensato per il tempo che passi in ufficio con uno stipendio più degli incentivi, che generalmente sono legati al raggiungimento di mete personali. Se tu raggiungi l'obiettivo x hai un bonus di tot. Con questo tipo di incentivi la tua prosperità è legata al tuo traguardo individuale, non hai incentivi a collaborare. Se eliminiamo dal pacchetto salariale l'elemento personale e il bonus è legato ai risultati del tuo gruppo e progressivamente alla divisione, all'azienda. Cominci a pensare alla collaborazione in maniera diversa. Rimangono anche dei meccanismi per ricompensare le persone, ma sono le condizioni del sistema che creano i risultati.

Per me la visibilità dell'impatto delle connessioni e dell'impatto delle decisioni che prendiamo è fondamentale. La scala è enorme e diventa complesso creare delle rappresentazioni che siano comprensibili. Ci pensavo parecchio quando lavoravo in banca. Avevamo gli stessi problemi di complessità e mancanza di comprensione, stavo cercando un meccanismo per aiutare le persone a capire le ripercussioni su quello che facciamo sull'azienda, sul gruppo come sistema, e quali siano le conseguenze a lungo termine delle nostre decisioni. Mi era molto piaciuto una cosa fatta da Rabobank, che ha un'impronta più piccola e che ha creato una specie di diorama in cui aveva stratificato tutti gli elementi che contribuivano alla fornitura del servizio, con i fili di lana per far capire come ci fosse un insieme di insiemi. In una realtà più complessa è veramente difficile. Quando il pensiero diventa così astratto diventa difficile da seguire.

Le intranet sono ambienti piuttosto statici. Ma se c'è una sensazione di comproprietà, dei guardiani della conoscenza che valutino l'accuratezza. Ma se pensi a wikipedia in cui tutti possono contribuire, e sentirla propria, crei un ambiente molto più partecipato, più facile da mantenere, evolvere, creare. Bisogna trovare un equilibrio.

I blueprints mi piacciono da matti, li uso spesso. Diciamo che diventa una questione di manutenzione e presentazione, l'abilità di presentare, di comunicare, a prescindere dallo strumento, è l'arma più potente. Ma se [la rappresentazione] diventa statica è inadeguata. L'abilità di usare questi supporti e presentarli come strumenti di lavoro e non traguardi è l'aspetto centrale.

Puoi usare strumenti molto potenti. Il problema vero è che sono onerosi da gestire. Gli strumenti devono essere "vivi", non troppo belli, è un modo per far sentire le persone libere di lavorarci. Post-it e così via. Il contributo fisico, prendendo il pennarello e scribacchiarci sopra è un atto di ribellione, ridurre la perfezione visiva per facilitare la collaborazione è importante.

L'idea di pensare al sistema può creare ansia, ma teniamoci l'idea del sistema, dell'ecosistema e delle connessioni in testa pensate al lavoro che fate, cominciate a chiedere questo cosa ci azzecca con tutto il resto. Se faccio il carrello e commerce, cosa succede prima, cosa succede dopo? Vi trovate nello spazio delle opportunità, conoscete gli utenti, avete fatto la ricerca, di cosa hanno bisogno. Capire il loro percorso vi crea lo spazio per pensare le cose che non sono state pensate.

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radioux (6) |

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