È difficile sovrastimare l'impatto che i concetti di user experience, customer experience ed experience design hanno avuto negli ultimi decenni, contribuendo a popolarizzare i princìpi di design centrato sull'utente e l'importanza di aspetti quali la soddisfazione d'uso nella valutazione di un prodotto.
L'effetto collaterale di questo paradigma è però che l'idea di esperienza è diventata centrale, e che spesso i designer sono giunti a pensare che vivere esperienze stimolanti sia la motivazione più importante delle persone.

E allora, cara lettrice, caro lettore, prova a fare un gioco. Nella giornata di ieri, quante cose hai fatto la cui motivazione principale fosse quella di vivere esperienze, in proporzione a tutte le cose che hai fatto? Se le esperienze esperienziali hanno occupato buona parte della tua giornata, o sei in vacanza, oppure sei una persona molto fortunata.

Le persone, nel corso delle loro tipiche giornate, fanno molte cose motivate da ragioni diverse: portano i figli a scuola, vanno a lavorare, a fare la spesa, dal medico, dal dentista, in farmacia, in palestra, al corso di danza. Alcune di queste attività sono intrinsecamente motivate: le facciamo perché soddisfano qualcuno dei nostri bisogni fondamentali, ed è proprio all'esperienza vissuta che attribuiamo valore. Altre sono motivate al raggiungimento di uno scopo (avere i denti sani), e le facciamo nonostante l'esperienza non sia del tutto soddisfacente (alzi la mano chi ama andare dal dentista).

Le attività

La vita delle persone è costellata di eventi. Alcuni di questi eventi succedono anche senza il nostro intervento: siamo tuttalpiù spettatori, nonostante gli esiti di questi eventi possono avere degli impatti sulla nostra vita. Le attività sono quegli eventi che ci vedono coinvolti attivamente, in cui abbiamo un ruolo da attore (magari in un ruolo secondario, ma pur sempre attore).
Anche le esperienze sono eventi. Vengono vissuti come esperienze quegli eventi che lasciano una traccia nella nostra memoria: perché ci permettono di imparare qualcosa, di fare esperienza, oppure perché ci ricordiamo l'episodio specifico anche dopo lungo tempo.

Sebbene molte delle attività che facciamo non siano delle vere e proprie esperienze (il pendolare non ricorda gli episodi di ogni volta che prende il treno) e che vi siano delle esperienze che non ci vedono nel ruolo di attori, buona parte delle esperienze sono anche attività, e viceversa. Dunque, per quale motivo spostare l'enfasi dal concetto di esperienza a quello di attività?

Una possibile ragione è quella accennata in precedenza: ridimensionare quegli eccessi che possono essere riassunti nello stereotipo del designer hypster convinto di progettare esperienze a colpi di wow factor. Una ragione complementare è riconoscere che molti degli strumenti che progettiamo sono finalizzati ad attività estrinsecamente motivate, ma non per questo meno importanti. Per rendere l'idea, uso spesso l'esempio della funzione per il pagamento degli f24 negli internet banking: per quanto talentuoso possa essere lo ux designer, difficilmente pagare le tasse diventerà una esperienza wow. Cionondimeno per alcune tipologie di utenti quella funzione è essenziale.
Una terza ragione è che focalizzarci sulle attività ci permette - quasi ci costringe - ad ampliare la prospettiva, ci aiuta a capire che quello che progettiamo è un tassello di un percorso più ampio. Per le persone, i nostri prodotti non sono il fine, ma sono uno dei possibili mezzi che permettono loro di portare a termine una azione fra le molte che compongono l'attività.

Infine, ci permette di attingere alla vasta letteratura di quel filone di studi definito Activity Theory. Lo scopo di questo post è di offrire una brevissima introduzione alla activity theory, integrandone alcuni aspetti in un framework metodologico che vede le attività come punto di partenza della progettazione di prodotti e servizi, e di illustrare una traccia - un canvas, se vuoi - per far emergere e documentare le attività delle persone, da usare come punto di partenza nel processo di concettualizzazione e progettazione.

L'Activity Theory

La Activity theory nasce in Unione Sovietica dai lavori di Lev Vygotsky - negli anni 20 e 30 del secolo scorso - e di Aleksei Leontiev, viene portata in occidente da alcuni ricercatori scandinavi, e viene adottata dalla comunità di human computer interaction.

In questo framework teorico le attività umane assumono un ruolo centrale nella definizione dei comportamenti e dei processi cognitivi delle persone.

L'Activity theory si basa su alcuni princìpi:

  • le attività hanno una struttura gerarchica, e sono portate a termine attraverso delle azioni che comportano delle operazioni;
  • una fenomenologia orientata agli oggetti: le persone percepiscono ed interagiscono con oggetti, che hanno proprietà fisiche e proprietà culturali;
  • le attività hanno una componente esterna - i comportamenti, gli oggetti fisici - ed una componente interna - i processi mentali e gli oggetti mentali - e, nel corso dell'apprendimento e della pratica, vi sono dei processi di internalizzazione ed esternalizzazione;
  • le attività sono mediate dagli strumenti; mediazioni fisiche (uso la zappa al posto delle mani, la zappa trasforma il mio lavoro e fa da mediatrice fra me e il terreno) e mediazioni cognitive e culturali (il linguaggio come strumento che media la mia comprensione della realtà)

Uno dei modelli più noti dell'Activity theory, sviluppato da Yrjö Engeström identifica 6 fattori: i soggetti dell'attività (gli attori), l'oggetto dell'attività (il suo obiettivo), gli strumenti utilizzati, le regole, la comunità entro cui l'attività ha luogo e la divisione del lavoro fra i vari attori.

Activity Theory in pratica

Il framework dell'Activity Theory può essere utilizzato come chiave di lettura della ricerca con gli utenti e gli esperti di dominio.
Nella fase di ricerca, nel condurre le interviste è opportuno non focalizzarsi esclusivamente sull'utilizzo del prodotto che stiamo progettando, ma di ampliare la prospettiva, cercando di comprendere le attività nelle quali è previsto l'uso del prodotto o del servizio, e di analizzare tutti i fattori che entrano in gioco nelle attività.
Infine, la struttura delle attività può essere utilizzata per impostare il modello concettuale che costituirà l'architettura informativa del prodotto.

La mia versione

Nel mio lavoro di consulenza sto utilizzando un canvas per far emergere le attività delle persone, che integra - con qualche adattamento - il modello di Engeström con due approcci complementari: l'approccio - antichissimo - dei loci argomentorum, oggi noto in ambito giornalistico come Five Ws e l'analisi motivazionale.

I fattori dell'Activity Theory - adattati

Fattori dell'Activity Theory - adattati

I loci argomentorum

I loci argomentorum - 5w

L'analisi motivazionale delle attività

L'analisi motivazionale delle attività

Il canvas

La mia proposta è di investire parte della ricerca con utenti ed esperti di dominio per identificare le principali attività, e per ognuna di queste identificare i seguenti fattori:

  1. Le motivazioni (intrinseche, estrinseche, i valori, le abitudini, le attitudini) - corrispondono al perché dei loci argomentorum e all'oggetto dell'AT: per quale motivo le persone sono motivate ad intraprendere l'attività?

  2. Qual è il contesto in cui le persone agiscono? Corrisponde al dove; può essere un luogo fisico, un luogo digitale, uno spazio concettuale o informativo. Possiamo identificare contesti diversi? Quanto influiscono i vari contesti sul modo in cui l'attività viene svolta?

  3. Le regole (la legge, le regole implicite, le consuetudini) che vincolano le attività. Comprendere questi vincoli è, in alcuni contesti, fondamentale. Spesso vi sono delle norme legali da rispettare (basti pensare all'ambito medico, bancario, assicurativo), e policy delle organizzazioni in cui l'attività ha luogo. E quasi sempre vi sono delle consuetudini e delle regole informali - sovente invisibili all'osservatore - che possono avere un'influenza molto importante.

  4. Le persone (e i ruoli) coinvolte nelle attività. Lo UXD tende a focalizzarsi sull'interazione fra l'utente e l'interfaccia. Ma generalmente quello che noi progettiamo si inserisce in un contesto molto più articolato, in cui l'attività coinvolge più figure, in diversi ruoli. In questi casi per capire il contesto è necessario mappare le persone, i loro ruoli, il modo in cui il carico di lavoro viene distribuito, il modo in cui le informazioni vengono condivise, e così via.

  5. Le risorse necessarie (economiche, materiali, di tempo): di cosa hanno bisogno le persone nel corso dell'attività? In molte circostanze i vari passaggi (le varie azioni) che compiono una attività sono finalizzate o a creare le circostanze per il passo successivo, oppure per procurarsi le risorse necessarie. Corrisponde al Quibus Auxiliis (quali mezzi) dei loci.

  6. Le conoscenze necessarie: cosa è necessario sapere, per poter agire in maniera corretta e per ottenere gli scopi desiderati? Quali skill sono necessari, quali competenze, quali informazioni?

  7. Gli effetti attesi dalle attività:

    • gli effetti pragmatici: come l'attività modifica il mondo circostante;
    • gli effetti epistemici: come l'attività modifica le informazioni e le conoscenze dei diversi attori

    In questo modello ho reso esplicita la distinzione fra gli effetti pragmatici e quelli epistemici. Una attività è pragmatica se ha un effetto sul mondo fisico: se acquisto online un paio di scarpe e le scarpe mi arrivano a casa, questo è un effetto pragmatico. Se scrivo un post sul mio blog, o compilo una form, o mando un messaggio in chat, queste azioni hanno effetti epistemici.

  8. Il processo: come le persone portano a termine le attività? Quali sono i piani, i passaggi, le azioni che vengono intraprese? È il come dei loci argomentorum.

Il canvas è il punto di partenza per produrre altri documenti: dal chi e dalle motivazioni emergono i personaggi (personæ), il contesto può essere espresso in forma di scenari, il processo può essere documentato nelle experience map - che potremmo ridefinire activity map.

Conclusioni

La vita delle persone è costellata di attività. Gli UX designer progettano prodotti e servizi finalizzati ad aiutare gli utenti a portarle a termine in maniera efficace, efficiente e con soddisfazione.
Identificare e mappare le attività può aiutare i progettisti, i committenti e gli stakeholder a farsi un quadro più realistico e meno etereo dell'uso reale che gli utenti faranno dei nostri prodotti.

Risorse utili

Activity Theory: The Encyclopedia of Human-Computer Interaction, 2nd Ed. | Interaction Design Foundation

Activity theory - Wikipedia

Activity Theory - PhD Wiki

Activity theory: qui trovate un buon elenco di risorse bibliografiche

An activity-theory-based model to analyse Web application requirements

Human-Centered Design Considered Harmful - jnd.org (Norman dixit)

Activity-Centered Design

Activity theory: Basic concepts and applications (pdf)

Iscriviti alla newsletter

Prospettiva UX è una newsletter dedicata ad ux, architettura dell'informazione, usabilità.

Puoi annullare la tua sottoscrizione in qualsiasi momento attraverso il link in fondo alle mail.

Questa mailing list utilizza Mailchimp. Pertanto, iscrivendoti alla mailing list le tue informazioni saranno gestite da Mailchimp.Le regole di privacy di Mailchimp

Cookies

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti quali google analytics per funzionalità tecniche e statistiche.

Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcune di queste funzionalità potrebbero essere non disponibili.