Ho iniziato a fare gli auguri di buon solstizio per gioco e per anticonformismo nei primi anni 2000, quando arrivavano centinaia di auguri copia e incolla, inoltrati via sms. Negli anni ho deciso che poteva essere un'occasione per condividere, con i miei contatti, un momento di riflessione. Ma ho voluto mantenere l'enfasi sul solstizio per sottolineare come la celebrazione del periodo più buio dell'anno, preludio al sole che rinasce, sia un rito universale.

Perché universale è la necessità di dare un senso al tempo che scorre, al susseguirsi delle stagioni, ai momenti importanti delle comunità e delle persone. Attribuire un senso a quello che ci accade è un bisogno fondamentale, soprattutto nei momenti più difficili.

L'anno che si conclude è stato segnato, per me, dalla scomparsa di mio padre. La ricerca del senso si è fatta, in questi mesi, più impellente.

I legami più importanti, quelli con le persone che amiamo, ampliano i nostri confini. La mia identità non è circoscritta a me, ma include anche le persone a cui voglio bene, che diventano una parte di me. Per questa ragione, quando queste persone vengono a mancare, ci sentiamo simbolicamente mutilati. Una parte di noi viene a mancare, e quel vuoto non è colmabile.
La relazione, però, è reciproca. Noi diventiamo una parte di loro, e quella parte di loro resta in noi. Dolorosa, ma viva. E ci resta la responsabilità, ma anche il potere, di coltivarla.

Mi è capitato di chiedermi cosa mi abbia insegnato mio padre. E mi sono reso conto di non ricordare un episodio in cui lui mi abbia esplicitamente insegnato qualcosa. Un paio di anni fa gli dissi "certo che avresti potuto insegnarmi a lavorare il legno". La sua risposta fu perentoria: "l'arte bisogna robarla".
In fondo, vale anche per l'arte di vivere. Non si insegna, bisogna rubarla. E lui non mi ha insegnato nulla, ma mi ha trasmesso tanto. Davvero tanto. Alcuni aspetti sono talmente parte di me che costituiscono una sorta di DNA culturale. Compreso qualche difetto che ho ereditato. Ci sono poi cose di lui che davo per scontate ed ho imparato ad apprezzare solo negli ultimi anni. E di altre non sono probabilmente ancora consapevole, sono come semi gettati in un terreno non ancora pronto ad accoglierli.

Il mio buon proposito per l'anno nuovo è di coltivare quella parte di lui che vive in me, e di permettere ai semi che mi ha trasmesso di fiorire.
Ed è l'augurio che faccio anche a voi: lasciate fiorire i semi buoni che chi vi ama ha seminato in voi.

Buon anno e buone feste.

Per approfondire

Il meccanismo per cui le persone che amiamo diventano parte di noi si chiama "modello di espansione del sé" e "inclusione dell'altro|a nel sé".

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