Un gentiluomo a Mosca è un romanzo di Amor Towles che racconta la storia del conte Alexander Ilyich Rostov, un aristocratico russo condannato agli arresti domiciliari a vita all'interno dell'Hotel Metropol di Mosca nel 1922, a seguito della Rivoluzione Russa.

Fra i libri letti quest'anno, è quello che più mi ha colpito. Una lettura piacevole, un tono di voce adeguato: il romanzo sembra scritto da un russo contemporaneo del conte. Scrittura elegante e a tratti divertente: un paio di volte mi sono sorpreso a ridere mentre leggevo.

Capace di tratteggiare, con eleganza, la brutalità del regime sovietico, il destino di chi ci aveva creduto, e l'ottusità di chi si era di buon grado conformato al nuovo sistema. Unico difetto, a mio avviso, una eccessiva benevolenza nei confronti della società zarista. Ma in fondo la storia viene raccontata dal punto di vista del conte.

E forse il fatto di aver vissuto io stesso quarant'anni in un albergo mi ha portato in qualche modo ad identificarmi con il conte. Io però, fortunatamente, potevo uscire.

Che cosa mi ha davvero colpito di questo romanzo? Una delle tecniche più consolidate per scrivere una storia, da Ulisse al Conte di Montecristo a Katniss Everdeen degli Hunger Games, è mettere il protagonista nei guai. Scriveva Kurt Vonnegut che lo scrittore dev'essere abbastanza sadico da far succedere, al protagonista, cose terribili, per vedere come se la cava.
Come se la cava il conte Rostov rinchiuso nella sua prigione di lusso?
Male, all'inizio. La sua strategia iniziale è quella di resistere, di non piegarsi, di continuare la vita di prima, anche se dentro spazi molto più ristretti. Ci prova e fallisce, si svuota, va in crisi.
Nell'hotel, nel frattempo, la vita continua, e il conte ha la possibilità, la necessità di frequentare persone - dipendenti e clienti - diverse da quelle del suo mondo di prima.

E, poco a poco, cambia. Cambiano le sue giornate, cambiano le sue priorità. Cambia il suo modo di affrontare quella vita da recluso di lusso.

Le persone, gli eventi, i vincoli e le possibilità gradualmente lo trasformano. Lui probabilmente se ne accorge solo in parte. E questo cambiamento gli permette di dare un senso diverso alla sua vita. Senza la rivoluzione e quella sentenza la sua vita sarebbe stata differente: più agevole, più comoda, più libera. La reclusione gli ha tolto spazio, ha escluso molte possibilità. Ma questi tagli, questi limiti hanno creato dei vuoti che il protagonista ha potuto riempire in modi nuovi. La sua vita, prima, sembrava quasi già scritta, in base al suo ruolo e alla sua classe sociale. E quel ruolo già scritto lo stava forzando a resistere dentro la detenzione. Ma, lentamente, le circostanze gli hanno permesso di vivere una vita diversa da quella che lui stesso pensava già scritta.

Restare uguale a se stesso significava rifugiarsi in un destino già scritto, oramai completamente fuori dalla storia. La detenzione ed il modo in cui lui ha saputo viverla lo ha liberato dal suo destino predestinato, la reclusione ha aperto delle possibilità che prima non avrebbe saputo cogliere.

E in questo lento ma radicale cambiamento il conte non ha perso la sua identità, rimanendo fino alla fine un gentiluomo.

L'ostacolo è il percorso, scriveva Marco Aurelio. Buona parte degli ostacoli che incontriamo sono solo ostacoli, seccature, impedimenti. Ma qualcuno di questi può davvero aprire uno spiraglio, una possibilità che altrimenti non avremmo visto, una occasione che non avremmo colto, una strada che non avremmo intrapreso. Ci sono vincoli che diventano opportunità, e ci sono opportunità che ci permettono di scoprire e coltivare talenti che non sapevamo di avere, di mettere in atto potenzialità che erano rimaste sopite.

So per certo che in questo 2023 gli ostacoli non ti sono mancati, e non ti mancheranno nemmeno l'anno prossimo. No, non sono un indovino, è che la vita funziona così. L'auspicio è che qualcuno di questi ostacoli ti offra l'opportunità di scoprire e sviluppare qualcuna delle tue potenzialità che non sapevi nemmeno di avere.

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