Se sei trentina, o sudtirolese, o ti è capitato di frequentare la regione a dicembre, probabilmente avrai sentito parlare dei krampus: sono delle maschere tradizionali, diffuse nelle aree alpine (Austria, Baviera, Sud Tirolo), che sfilano nella notte di San Nicola.
Negli ultimi decenni questa millenaria tradizione sta tornando in auge, e si moltiplicano gli eventi in cui è possibile vederli sfilare.
Secondo la tradizione i krampus sono esseri demoniaci che furono sconfitti da San Nicola, e da allora sono diventati suoi servitori. Mentre il santo premia i bambini buoni, i demoni puniscono quelli che nell'anno trascorso sono stati cattivi.
Durante le sfilate i krampus, armati di fruste, possono colpire gli astanti, e pare che in Austria capiti spesso che le malcapitate vittime si facciano male o scoppino delle risse.
Alcuni aspetti di queste figure mitologiche mi hanno incuriosito. La prima: i krampus mi ricordano molto i Mamuthones, che ebbi l'occasione di vedere ad una Cavalcata Sarda a Sassari. E mi ha fatto piacere notare che anche Wikipedia sottolinea le affinità. La seconda: la storia di san Nicola che sconfigge i demoni e li addomestica appare, ai miei occhi, come l'ennesimo processo di cristianizzazione di una manifestazione popolare non cristiana. La terza: perché le persone subiscono il fascino di queste maschere davvero inquietanti?
E allora ho cercato di capire, di documentarmi. E sono capitato, fra le altre cose, a sfogliare una tesi di dottorato di seicento pagine. Che racconta che risalire alle origini non sia facile, e ricostruisce le rappresentazioni popolari di San Nicola fin dal dodicesimo secolo. E racconta di cronache, risalenti al 1300, in cui giovinastri mascherati mettevano a soqquadro la città di Lubecca da san Nicola a Natale. E, nonostante sia difficile da dimostrare, è altrettanto difficile non immaginare che i krampus abbiano origini pre-cristiane, probabilmente più nella forma delle Perchtenlaufe, dove le protagoniste sono le Perchta, divinità femminili descritte anche dai fratelli Grimm.
Ma perché una tradizione alpina e germanica assomiglia ad una tradizione sarda? Contatti culturali diretti sono poco probabili. Ho consultato l'intelligenza artificiale: Claude ha citato non solo i Mamuthones ma anche l'antica Grecia (satiri, sileni) i saturnali romani e, appunto, le tradizioni celtiche e germaniche pre-romane. Fra gli aspetti che accomunano queste tradizioni ci sono:
- la teriantropia (la trasformazione di una persona in un animale feroce);
- il fatto che tendano ad avvenire in tempi "liminali", ovvero di confine, come il solstizio d'inverno;
- la dualità dei protagonisti: la Perchta bella e quella brutta, San Nicola e il krampus, i Mamuthones e gli Issohadores
- l'inversione sociale e la sospensione temporanea delle regole di comportamento sociale
Quali sono le possibili spiegazioni "psicologiche" di questi riti? E perché si diffondono e si radicano nelle culture? La più ovvia è il concetto Junghiano di "ombra", l'aspetto represso, cupo della psiche che la società ha represso. Una lettura diversa è proposta dalla Terror Management Theory.
Ma l'ipotesi che più mi ha colpito è quella della "liminalità": nei riti di passaggio l'individuo esce dalla società, fuori dai confini, si trasforma e poi rientra, ricoprendo un nuovo ruolo sociale.
Nel caso del krampus - e nella teriantropia in genere - il meccanismo è però differente, perché simbolicamente queste figure rappresentano delle entità selvatiche, estranee alla civiltà, a cui - durante il rito - viene concesso di entrare "dentro le mura" della città o del villaggio. Perché questo avviene? Nella dinamica di questi riti si incontrano - mediandosi - il bisogno della struttura sociale di mantenere l'ordine (concedendo delle "valvole di sfogo" ben codificate) ed il bisogno degli individui di trovare degli spazi per uscire dai limiti, dai confini, e per mettere in atto un processo - almeno temporaneo - di de-strutturazione. Questi riti hanno anche la funzione e la capacità di creare delle esperienze collettive che rafforzano i legami e consolidano la "communitas".
L'individuo ha bisogno della società, e questo è vero oggi più che mai. La società e i suoi meccanismi sono quel miracolo che ci permette di avere una aspettativa di vita media di 80 anni e non di 30 e di vedere l'inizio dell'inverno come la stagione in cui ci si fanno gli auguri, si mangia assieme e ci si fanno i regali, non più il tempo in cui si temeva di non poter superare la nuttata.
La società ci protegge ma, nel contempo, ci incapsula, e questo è ancora più vero nel momento in cui anche le relazioni sociali sono mediate dalla tecnologia. La società definisce le nostre possibilità, le nostre opzioni di scelta, e le abilita. Ma nel contempo gli schemi cognitivi condivisi stabiliscono ciò che riusciamo a vedere, ad immaginare, ciò che possiamo ritenere plausibile. Tutto il resto rimane al buio.
Il krampus ci lascia intendere che il limen, il confine non è invalicabile, e che là fuori possono esserci energie pericolose ma vitali, potenzialmente distruttive e potenzialmente feconde. E che sconfinare, qualche volta, è forse indispensabile. Per vedere il mondo da una prospettiva diversa, e scoprire nuove opportunità.
Buon solstizio
